“Il Mediterraneo è un mare meticcio: le purezze delle razze non hanno futuro”. E’ stato molto forte Francesco nel denunciare – chiudendo stamane a Bari l’incontro della Cei su “Mediterraneo, frontiera di pace”- ogni chiusura etnica, religiosa, geopolitica che erige muri e stringe il mondo in un vasto reticolato di confini e di barriere. L’area mediterranea ribolle di crisi e della quotidiana tragedia dei migranti, eppure, chiosa il Papa:”La Comunità internazionale si ferma agli interventi militari, mentre dovrebbe costruire istituzioni che garantiscano luoghi dove farsi carico del bene comune”.

Fortissima la condanna della guerra. Citando la “Pacem in terris” di Giovanni XXIII, Francesco quasi grida:”E’ un’autentica follia distruggere case, ponti, fabbriche, ospedali, uccidere persone e annientare risorse, anziché costruire relazioni umane ed economiche”.

Bisogna fare del “Mare nostrum” un grande mare di Tiberiade – ha detto ancora Francesco, citando una celebre affermazione di Giorgio La Pira (che tra il 1958 e i 1964 organizzò quattro convegni “mediterranei” per la pace)- caro alle tre religioni monoteiste. E occorre rilanciare -ha affermato, in un tempo che vive il gelo ecumenico e interreligioso ad ogni livello- il dialogo tra le fedi, “nelle quali opera lo stesso Spirito”. “Si rende urgente -ha detto il Papa- un incontro più vivo tra le diverse fedi”. E c’è urgente bisogno, ha aggiunto, di “una teologia dell’accoglienza e del dialogo”, come aveva provato a fare qualche anno fa il gesuita Jacques Dupuis, che per questo fu censurato aspramente dal Vaticano.

Un dialogo, insomma, che verta finalmente anche sui fondamenti religiosi delle differenti fedi. Ed è questa la frontiera che necessariamente il dialogo interreligioso dovrà prima o poi affrontare, se vuole essere autentico dialogo e non una sua caricatura.

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