Per la seconda volta in due settimane, piazza San Pietro si è fatta l’interprete muta della preghiera di un mondo sospeso nell’inaudito black-out dell’umanità. In quarant’anni di corrispondenze giornalistiche da questa agorà sfolgorante di cerimonie solenni e di liturgie straripanti, mai l’avevamo vista vibrare così potente come nell’ “impotente” preghiera del Papa che solo prega nel vuoto e nel silenzio di una lunare bellezza, la sera del 27 marzo e poi durante la più emozionante delle “vie crucis”, il venerdì santo. Implorava, al di là d’ogni parola, con la sua sola presenza smarrita -puntino bianco perso nel buio del mondo- implorava il vecchio Papa salvezza per l’umanità – non importa se credente, non credente o diversamente credente- che faceva l’ inedita esperienza di essere stretta tutta insieme nella morsa di un contagio universale di morte.
Mai il Papa era apparso solo in quel vasto spazio sacro, mai abbiamo immaginato che potesse pregare così solo tra le braccia del grandioso colonnato che si aprivano desolatamente nel vuoto. Conoscevamo il suo carisma di saper parlare a tanti come se si rivolgesse ad ognuno, ma mai prima d’allora l’avevamo visto parlare e pregare rivolgendosi a nessuno. Un’esperienza raggelante. E l’ abbiamo visto disorientato e smarrito sulle prime, nel vuoto opprimente. L’invisibile virus, impedendo la possibilità di qualsiasi assembramento di fedeli, gli aveva sottratto la sua Chiesa, l’Ecclesia, l’ Assemblea, come se fosse improvvisamente evaporata! Assurda, impensabile tragedia.
Ma, Francesco -con intuizione geniale- ha fatto perno proprio sulla fragilità e sul sentimento di smarrimento di quella “prima” assoluta, riuscendo a trasformare una preghiera sommamente impotente in un’invocazione di rara forza, in un’orazione dal respiro biblico, che ha fatto tremare il cuore dell’uomo e della Terra.
Il Papa che non parlava a nessuno, si è mutato così in interprete di tutti nell’urlo a Dio, perché ci sostenga nella giustizia e ci converta al bene. Non ha chiesto miracoli il sommo sacerdote, non ha proferito alcuna preghiera di “richiesta”, ma si è fatto egli stesso preghiera -spoglia, scarna, smarrita-, e in essa ha risuonato l’abissale smarrimento dell’umanità nel suo gran lutto di aver perso il mondo. E l’evento straordinario ha immediatamente vibrato colmando la sfolgorante bellezza della Piazza, e incidendosi nella pelle del marmo. Anche il tempo allora si è fermato.
E quando, in futuro, ripenseremo a questi incredibili giorni che hanno cambiato la Terra, rivedremo proprio quel puntino bianco che prega tutto solo nel vuoto di uno spazio sacro che parlava direttamente alle stelle.
Cuore e scena-madre della Tragedia Moderna. Canto sacro che diceva: fa pace finalmente – uomo- con la Terra e le sue creature, fa pace con tuo fratello, perché soltanto questo abbraccio ti salverà.