Cari Amici, alcuni di voi sanno che sono appena tornato da un lungo viaggio di più di due mesi in Amazzonia. Più di 35 mila Km di un viaggio “necessario”, per rendermi conto di persona di quanto stesse accadendo in questo luogo che oggi è lo specchio del mondo. E per dare un volto, sangue e carne, al doppio grido intrecciato della Foresta e degli Indios. L’ho percorsa in lungo e in largo, dai confini orientali sull’Atlantico ai confini nord orientali con il Venezuela e alla triplice frontiere del Brasile con la Colombia e il Perù. Sono entrato nei villaggi più inaccessibili e ho incontrato i capi tribù e gli sciamani. Ho dormito e mangiato con loro. Ho giocato con una marea di meravigliosi bambini, e ho parlato con decine di esperti (scienziati, antropologi, religiosi, attivisti, artisti, con la Funai, l’ente federale per la protezione degli indigeni, con il Cimi, il Consiglio missionario indigenista, e con i responsabili del Forum sociale panamazzonico, ecc…) tutti impegnati in un modo davvero straordinario nella difesa dei Popoli indigeni e della meravigliosa Foresta. E ho potuto misurare l’entità dell’aggressione a entrambi da parte del governo Bolsonaro e dei suoi alleati: fazendeiros (i latifondisti), garimpeiros (i cercatori d’oro), madereiros (i tagliatori di legna pregiata), cacciatori, pescatori e le chiese pentecostali. Le ferite sono gravissime, e superiori a quanto normalmente si legge. Gli indios sono accerchiati, impoveriti, molti lasciano i villaggi e ingrossano le periferie anonime delle città. E’ potentissima la pressione per omologarli e cancellare la loro straordinaria cultura ancestrale. Ma i Popoli indigeni, aiutati da una rete impressionante di enti, organizzazioni, personalità stanno rafforzando la loro resistenza, e la Foresta non cessa di levare altissimo il suo canto sacro.

Vi scrivo, cari Amici, perché l’Amazzonia ha bisogno di noi, e noi abbiamo bisogno di lei. Vorrei coinvolgervi in diversi modi. Penso a tutta una serie di Conferenze, dovunque sia possibile, di incontri cenacolari e anche privati, di incontri nelle scuole e simili. Il nostro futuro, come specie e come Terra, passa dall’Amazzonia!

E vi scrivo anche perché ho promesso alla rete di amici, indios e non, civili e religiosi, che è nata attorno a me in Amazzonia, che avrei fatto di tutto per creare a mia volta una rete di “Amici dell’Amazzonia” anche qui in Italia.

Vorrei tracciare con voi un sentiero, con la speranza che ”camminando si apre cammino”.

Con affetto,

Raffaele Luise

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